Meneghello trascorre l’infanzia a Malo, suo paese natale. È un periodo che ci viene raccontato con particolare vividezza nei suoi libri: i fratelli, gli amici, i cugini, gli innamoramenti per leLeggi tuttobambine, il rapporto con i “grandi” (genitori, zie e zii, serve, maestre e maestri, suore e sacerdoti), con la natura e la religione, i giochi, lo sport, il cinema e i libri, le lotte, le gare, i “cortei” e i sabati fascisti, le avventure con le parole (in lingua e in dialetto, in rima e in musica).
Gigi bambino con i genitori; stato di famiglia



I miei genitori che poi per caso generarono proprio me si sposarono in aprile, quando fu finita la prima guerra. Papà era ancora sotto le armi, venne in licenza per qualche giorno; mi ha detto mia mamma che non c’erano nemmeno le campane, tirate giù durante gli anni di guerra. Era una mattina di sole, lei si sposò in tailleur, la malinconia forse ce la metto io ma non credo.
Il nonno assegnò agli sposi la casa in cima al paese; nell’altra ala c’era la zia Lena che già figliava di slancio. Io tardai tre anni, quando arrivai ero debole, benché prezioso… (Pomo pero, BUR 2021, p. 47)
«Il caro Gigi sta benino». Cartolina da Cesuna della nonna Dorina a Pia Meneghello, 17 agosto e Dorina a Pia Meneghello, 17 agosto 1923.
Cesuna, 17 agosto
Il caro Gigi sta benino, vi manda cari baci. Ma e un grande canalia ci vuol pazzienza, quando e guarito si potrà farglieli perdere i capricci.
Mi occorre il punto e mezzo e caffè, se e possibile macinato, e un spechio due nenzuola grande.
Vi mando salutti e baci a tutta famiglia uno di più ai bambini
vostra madre


Ero debole e fiacco; mi portarono a Sottomarina dove si prende il sole, e l’acqua che si beve…
[…] ciò che venne a me fu una potente gastro-enterite e il dottore disse: In capo alle tre evacuazioni questo è morto. Aggiunse che l’unica speranza era di portarmi via immediatamente da Sottomarina […] Mi portarono via con la Tipo-Due recitando il rosario, ma io la terza non la feci, e arrivato sull’Altipiano di Asiago, a Cesuna, tra buonissime acque e prati verdi e boschi, vissi.
Chi mi vide lassù ricorda le calze nere, le gambette magre, il visetto pallido e spiritato con gli occhioni troppo grandi di chi è stato separato dalla morte da un così esile velo di cacca. […] la nonna, minuta anche lei e anche lei in nero, mi avrà fatto baciare santini, recitare giaculatorie contro la morte e i serpenti, ma la mia mente che piangeva e rideva non si stampò. (Pomo pero, BUR 2021, pp. 48-49)
«Il bambino pare un’istituzione straordinaria»


D’altra parte a me il bambino pare un’istituzione straordinaria, molto più divertente e attraente (e anche inquietante) di ogni altra nell’ambito del rapporto natura-cultura. Il bambino è il figlio e il padre dell’adulto, ovviamente: e i bambini, con quei testoni, con quei grandi occhi, con quei corpicini da niente ma molto ben formati, hanno già (e questo è il punto, la sola spiegazione del mio interesse che posso offrire), hanno già non un vestigio di mente, ma in certe aree cruciali tutta la mente. Una di queste aree è la lingua, come sapete bene, ma la lingua non è forse nemmeno la prima. (L’acqua di Malo, in Jura, BUR 2021, p. 226)
«Foto ricordo della Prima Comunione, 19 maggio 1929»
Atinpùri! Per la prima comunione che si faceva in chiesa a sette anni, ci vestivano da marinaretti; e le bambine in bianco. Quando venne il mio turno e dovetti andarmi a confessare per la prima volta, mi era ben chiaro che dovevo confessarmi anche delle brutte cose, anni e anni, una vita intera di brutte cose: ma come, con che parole? Me lo insegnò la Norma. Lei aveva fatto la comunione qualche anno prima, e per un po’ aveva poi scansato i giochi proibiti, a cui tornò in seguito solo di rado e riluttando.
Un giorno che facevo pissìn sul muretto del letamaio, passò la Norma che andava in orto col cestino di fil di ferro a raccogliere insalata. Io mi voltai verso di lei, e cominciai a invitarla festevolmente agitando quel che tenevo nella manina. Ma la Norma s’indignò.
«Va’ via, mas’cio!» mi disse. «Pensa che presto fai la cumunione!» (Libera nos a malo, BUR 2022, p. 53)


I bambini di Malo alla 2a Comunione


Roma, 8 aprile 1979
Caro Luigi, amico dei tempi lontani, spero che la presente ti giunga qui in Italia, dove mi dicono che ti tratterrai fino a Pasqua. Ti dirò subito il motivo di questa mia lettera: il 19 maggio prossimo ricorre il 50mo anniversario della Prima Comunione che abbiamo fatto insieme a Malo nel 1929: mi pare che facessimo la 2a Elementare. È una ricorrenza che di solito non si ricorda e tanto meno si festeggia […] Ti ricordi che ci dicevano che la Prima Comunione è il giorno più bello della vita? […]
Ho la fotografia del nostro gruppo fatta a S. Libera il 20 maggio, nella seconda comunione. Di tutti i nostri compagni di allora ne riconosco pochi […]
Termino così, sperando di poter continuare in avvenire a Malo. Forse il 19 maggio ci andrò. Intanto caro amico Gigi ti ricordo nelle mie preghiere e nella S. Messa. il Signore ti benedica D Giuseppe Lanaro (ASV, CLM, b. 7, c. 1)
[18 aprile 1979]
Caro Don Giuseppe,
io ti ricordo ancora col nome di bambino, Bepín, ma non so se ci sia ancora chi lo usa. Ho letto la tua lettera con molto piacere e con una certa emozione. Hai ragione, in maggio saranno i cinquant’anni di quella Prima Comunione, e io che si può dire faccio professione di cronista e storico di quel mondo, stavo per dimenticarmene!
Ho da qualche parte, forse in Inghilterra, il “quadretto” (cioè l’attestato, debitamente incorniciato) della mia Prima Comunione, e ho visto a suo tempo, ma non so se abbia ancora, la fotografia (credo) di cui parli, della quale avrei potuto azzardare la data approssimativa, ma che non associavo col suo vero soggetto, il gruppo della “Seconda Comunione”. […]
Mi viene per un momento l’idea che si potrebbe ricostruire in forma essenziale la vita di ciascuno di questi bambini (tecnicamente sarebbe fattibile, in qualche mese di lavoro intenso nell’estate), le famiglie, i mestieri, le guerre, le mogli, le morti: uno spaccato di vita italiano in questo mezzo secolo… Ma c’è una sproporzione tra l’emozione che provo io riguardando queste facce e il frutto che si caverebbe da uno studio così… Forse c’è qualcosa di assurdo nella pretesa di non lasciar morire il passato. […] (ASV, CLM, b. 7, c. 2)
Gigi e Bruno «risplendenti nel vestito dei galletti»

Un picnic arcaico sul greto del Livergón nel punto dove riceve la misteriosa Rana, e un rivolo di sassi scuri s’addentra nella corrente dei sassi più chiari…: là in un’aria di festa e di malinconia, con l’Ernestina e mia madre, assente mio padre in un alone d’oro sbiadito, straniante, io e mio fratello risplendenti nel vestito dei galletti, identici il mio e il suo nell’Idea ma diversi per vispe varianti, gli oltremondani vestiti di panno celeste, giacchetta aperta davanti, le due metà congiunte da un nastro all’altezza del collo, e i galletti sul fianco, uno per parte, ritagliati nel panno e applicati alle tasche o nel luogo delle tasche, i non terrestri galletti di cui mano di artista giunto al suo ultimo mi pare impossibile che mai creasse cosa più gentile e ardita, là brevemente si aperse il guscio dell’aria e percepii la natura di un viaggio (e una sosta) alla volta del Cielo. (Bau-sète!, BUR 2021, pp. 273-274)
«Il ‘balilla’ Luigi Meneghello a dieci anni (1932)»
Io non fui mai tra i figli della lupa, quelli li partorì […] in seguito […] Non semplici balilla però, io e i miei coetanei: no, non fummo una generazione di balilla semplici, ma balilla moschettieri, croci-al-merito, capisquadra, capisquadra scelti. (Pomo pero, BUR 2021, p. 81)


La Cattinella

La Cattinella venne poi da noi a fare la serva per mantenere il bambino che si chiamava Giovanni e portava il cognome di lei. Era piccola e paziente, e parlava con le inflessioni del monte. Io le davo del lei, i miei fratelli più giovani del tu. Dovette sembrarle un mondo strano, pieno di novità moderne e di trabocchetti urbani, i Pullò di lana colorata, il Cacào nelle scodelle, gli strambi giochi, le curiose lezioni Alfa-Beta-Gamba-Svelta. Si affezionò molto a noi, specie a Gaetano che la tiranneggiava. (Libera nos a malo, BUR 2022, p. 266)